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sabato 27 febbraio 2010

Guzzanti-TreMorti.....Esilarante!

http://www.youtube.com/watch?v=eTYNQmC5rgY
esilarante Guzzanti -Tremorti  da guardare!

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La Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale la norma che metteva limiti al numero degli insegnati di sostegno: a rischio i tagli di Tremonti

(nella foto il ministro-illusionista Giulio TreMorti)

di Salvo Intravaia da repubblica.it
LA CONSULTA rischia di fare saltare i tagli di Tremonti sulla scuola: per gli alunni disabili gravi non si possono mettere limiti al numero di insegnanti di sostegno. E' il parere della Corte costituzionale che considera non in linea con i principi della Carta due commi (il 413 e il 414) dell'articolo 2 della Finanziaria per il 2008. In poche parole, i tagli intervenuti l'anno scorso e due anni fa sull'organico di sostegno sono incostituzionali. Per le associazioni di alunni disabili, in piazza anche tre giorni fa, si tratta di una vittoria.

"La politica condanna i disabili", dicono quelli di Tutti a scuola. Secondo l'associazione che riunisce i genitori di portatori di handicap, la politica condanna i diversamente abili a "non avere insegnanti di sostegno, alla mancanza di continuità didattica, ad avere dirigenti scolastici e insegnanti incompetenti e non aggiornati, alle barriere architettoniche che impediscono di frequentare la scuola, a non avere l'assistenza igienica necessaria, all'assenza di strutture in cui crescere e vivere e ad essere dimenticato". Una denuncia forte che ora può contare dell'importantissima sentenza dello scorso 22 febbraio.

Il pronunciamento, a questo punto, potrebbe riaprire le porte delle aule scolastiche ad un numero considerevole di docenti di sostegno, variabile fra le 10 e le 20 mila unità. Ipotesi che farebbe saltare completamente i conti di Tremonti, deciso a tagliare 87 mila cattedre, e 8 miliardi di euro, in tre anni. La vicenda inizia due anni fa. Il governo Prodi, visto il continuo ricambio di docenti di sostegno per effetto della precarietà degli stessi, decide di stabilizzarne l'organico. Dalle 45 mila, in tre anni, l'organico di diritto salirà a 60 mila unità. Ma, contemporaneamente, stabilisce che gli uffici scolastici regionali non potranno più assegnare posti in deroga ai soggetti gravi: la norma, prevista dalla legge sulla tutela dei disabili, che obbliga ad assegnare un docente di sostegno ad ogni disabile con gravi patologie ma che, non essendo controllabile, fa saltare tutti i conti sul personale. 


Dopo pochi mesi, il governo Prodi cadde e il suo successore, nonostante cominciasse a mostrare i suoi limiti, si guardò bene dal modificare la norma. E quest'anno, a fronte di una aumento di oltre 5 mila alunni disabili, l'organico è calato di oltre 400 posti: passando da 90.882 a 90.469 posti. Risultato: parecchi alunni disabili, anche in grave situazione, hanno visto calare le ore dedicate loro dall'insegnante di sostegno. A sollevare la questione di legittimità costituzionale è stato il, Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, al quale si erano rivolti i genitori di una bambina di scuola materna affetta da "ritardo psicomotorio e crisi convulsive da encefalopatia grave" alla quale le ore di sostegno furono addirittura dimezzate.

Le nove pagine di provvedimento fanno il lungo elenco dei principi costituzionali violati dalla norma, che costringeranno per il prossimo anno la coppia Gelmini-Tremonti a rivedere la circolare sugli organici di prossima emanazione. Sono ben 8 gli articoli  disattesi dalla norma che pone un tetto ai prof di sostegno. Da tali violazioni deriverebbero "l'impossibilità per il disabile grave di conseguire il livello di istruzione obbligatoria prevista, quello superiore e l'avviamento professionale propedeutico per l'inserimento nel mondo del lavoro", sono "in contrasto con i valori di solidarietà collettiva nei confronti dei disabili gravi", ne impediscono "il pieno sviluppo, la loro effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese" e introducono "un regime discriminatorio illogico e irrazionale che non tiene conto del diverso grado di disabilità di tali persone, incidendo così sul nucleo minimo dei loro diritti".


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martedì 23 febbraio 2010

UNICOBAS : Precari massacrati e presi in giro! 12 Marzo Sciopero Generale della Scuola

I tagli della “Berluscuola”
La manovra legata ai provvedimenti Gelmini produrrà dal 2009/2010 al 2011/2012 la bellezza di 150.000 tagli: 45.000 posti ATA (una percentuale maggiore di quella relativa ai docenti) ed 85.000 cattedre. Già dall’anno scolastico in corso sono state eliminate 43.000 cattedre (delle quali 9.000 della scuola Superiore, nonostante la controriforma vada a regime dal 2010/2011). Sono state costituite cattedre superiori alle 18 ore (persino di 23): così la riduzione di cattedre della Scuola Superiore raggiungerà quota 50.000.
Vengono massacrati i precari, presi in giro da un ridicolo decreto ad hoc che certo non li salva (come invece pretenderebbe il “titolo” col quale è stato accortamente pubblicizzato). Ma anche una parte del personale di ruolo andrà in esubero: il mero blocco del turn-over non basta. A decine di migliaia verranno spediti d’autorità in altri settori del calderone del pubblico impiego. Siamo di fronte alla manovra più pesante nella storia dello stato unitario, ma la cosa viene praticamente ignorata: CISL, UIL, SNALS e Gilda acconsentono, i media tacciono, l’imbonitore nazional-popolare Vespa “doverosamente” ignora e stessa prassi ha adottato anche “Ballarò”. Così il ministro-commercialista può continuare a dare numeri al Lotto e parlare indisturbato di un 8% di tagli, facendosi lo sconto ed addomesticando la matematica, come sempre quando si parla di scuola: una categoria di un milione di persone!

Il minimalismo culturale

Da questo Governo alcuni attendevano una riforma in linea con la tradizione della destra storica. Però almeno il liceo classico di Gentile era una scuola seria, ed i programmi erano dovunque estesi e compiuti. Bene, cosa direbbe oggi Gentile di una “riforma”che marginalizza il latino nel Liceo Scientifico? E della riduzione generalizzata delle ore per materia, che investe ogni ordine e grado di scuola? Prendiamo ad esempio la Primaria: dai tempi della Moratti (ed i suoi “ritocchi” sono rimasti intonsi con Fioroni ed il cosiddetto Centro-Sinistra), in quella che fu la miglior Scuola Elementare del mondo (dati OCSE 1990), il programma di storia della classe quinta non arriva più al giorno d’oggi, bensì alla fine dell’impero romano. In compenso si resta due/tre anni sull’età delle caverne! Vagli poi a parlare della “giornata della memoria” (come doverosamente previsto ancora dalle circolari ministeriali)! Di contro, il governo delle “tre i”, ha quasi eliminato le ore di bilinguismo e di informatica (taglio di educazione tecnica) nella Scuola Media. E che dire della riduzione da 11 a 9 delle ore di lettere?
Non s’è mai vista una “riforma” che non innalzi l’obbligo: l’Italia invece lo abbassa, collocandosi all’ultimo posto in Europa in compagni dall’Irlanda. Negli altri Paesi l’offerta formativa è di 11/12 anni: noi invece torniamo ad 8 anni!


L’Unicobas Scuola lancia un appello a docenti, amministrativi e collaboratori della scuola italiana: non si collabori con il ministro! Non ci si impegni nelle attività facoltative e volontarie: gite, progetti, sostituzione degli assenti. Si rifiuti la pratica vergognosa della divisione delle classi (illegale vulnus al diritto allo studio), invalsa perché hanno saturato le cattedre e non c’è più nessuno a disposizione. Tremonti venga obbligato ad assumere il personale precario.
Apriamo lo stato di agitazione permanente, per arrivare al blocco generale della scuola il 12 Marzo, con manifestazione - h. 10.00, Largo Chigi - sotto il palazzo del governo. Stefano d’Errico (Segretario nazionale)

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sabato 13 febbraio 2010

Un giovane si impicca Aveva perso il lavoro

da Il Manifesto di oggi
Lo hanno trovato ieri mattina alle 8,45 nel magazzino della sua azienda, una piccola cooperativa nella provincia torinese, a Vinovo: Emanuele Vatta aveva 28 anni, si era tolto la vita impiccandosi probabilmente poco tempo prima, forse all’alba. Così hanno interpretato i primi operatori di soccorso intervenuti dopo l’allarme di uno dei soci, che all’apertura ha trovato il corpo del giovane senza vita.

L’essersi tolto la vita all’interno del suo posto di lavoro, può dire molto sulle motivazioni, anche se ovviamente in casi come questi non si possono dare risposte definitive. La cooperativa per cui lavorava Emanuele si chiama Tecnodrink, e si occupa di vendita e assistenza di erogatori e spillatori di birra, acqua, caffè e altre bevande. Il ragazzo ci lavorava da quattro anni ma proprio mercoledì scorso erano partite le procedure di mobilità per tutti i nove dipendenti Tecnodrink: la cooperativa, infatti, aveva perso all’inizio di quest’anno l’unico suo committente, il gruppo danese Carlsberg, che aveva deciso di interrompere il rapporto di lavoro con tutte le piccole ditte che in Italia installano i suoi spillatori, passando a un unico appalto con la multinazionale Coca Cola. Emanuele viveva da solo con suo fratello: il padre era morto di tumore qualche anno fa, la madre era andata a vivere con un nuovo compagno. A sentire i colleghi, pare che il ragazzo avesse in qualche modo trovato una seconda «famiglia» proprio nel suo lavoro, a cui per questo motivo era ancora più attaccato.

Secondo gli amici la sola cosa che lo tormentava ultimamente era il problema del lavoro. Con i
colleghi era solito trovarsi al bar, vicino almagazzino in cui è stato trovato impiccato. Proprio la possibilità che finisse quella vita che faceva da 4 anni, potrebbe aver innescato il processo di depressione che lo ha portato a togliersi la vita. Pochi giorni fa il ragazzo era stato ripreso dai colleghi per essersi ubriacato «per dimenticare», ma nessuno, secondo quanto raccontato ai carabinieri intervenuti sul posto, poteva immaginare un epilogo tanto tragico.

Il sociologo Marco Revelli, profondo conoscitore del mondo del lavoro, e in particolare del torinese, ci dice che questo gesto gliene ricorda uno analogo accaduto circa due anni fa: allora a togliersi la vita, nel comune di Trofarello, era stato un operaio, più anziano rispetto a Emanuele, e con una famiglia a carico. «Qui in questo momento c’è una moria continua di aziende, si stanno perdendo moltissimi posti di lavoro – spiega Revelli – Abbiamo i dati più alti d’Italia». Del difficile momento che attraversano le cooperative, i soci e i dipendenti, parlano i dati della Legacoop. Tecnodrink non era associata a questa centrale, ma i numeri sono pesantissimi in tutto il settore: sono almeno trecento, ad esempio, i lavoratori delle pulizie scolastiche – quasi tutte donne – che in questi mesi perdono il posto, nella sola provincia di Torino, a causa dei tagli imposti dalla circolare Gelmini (-25% per i servizi di pulizia e ausiliari). Tantissimi altri sono in cassa, messi a zero ore, e infine anche licenziati, in tutti gli altri settori.

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Alabama - Docente precaria spara: 3 morti

Non voglio incitare ad "imbracciare il fucile" nè presagire disgrazie lontane dalla nostra cultura, vi chiedo però di riflettere sullo stato di impotenza, frustrazione e disperazione che attanaglia migliaia di persone espulse dal mondo della scuola e quindi da quello del lavoro, alle situazioni economiche di quelle famiglie sulle spalle delle quali si è voluta esercitare la protervia e l'arroganza di un governo che diceva di non voler mettere le mani nelle tasche degli italiani ed è stato di parola: i soldi nelle tasche di migliaia di italiani non arrivano più!
da corriere.it



BIRMINGHAM (ALABAMA) - Una laurea di prestigio ad Harvard, un inizio di carriera brillante come insegnante all’Università di Huntsville, in Alabama. Ma quando ha saputo di non essere stata confermata alla cattedra di biologia, ad Amy Bishop sono saltati i nervi. Ha impugnato un fucile, ha sparato contro i colleghi. È nata così l’ennesima strage in un campus Usa: tre persone sono morte, altre tre sono rimaste ferite, due delle quali in modo grave. La donna, 40 anni, è stata arrestata e adesso rischia di finire la sua vita su una sedia elettrica.
TEMEVA IL LICENZIAMENTO - Insegnante precaria e ricercatrice, Amy Bishop era molto conosciuta alla facoltà di biologia di Huntsville. Assieme al marito Jim Anderson, nel 2006, aveva perfezionato un incubatore per la coltivazione di cellule staminali, che le aveva fruttato un premio di 25 mila dollari. Secondo alcuni testimoni, la donna avrebbe sparato mentre era in corso un seminario di biologia in uno dei dipartimenti dell’università. A scatenare la furia della docente sarebbe stata la notizia che non avrebbe ottenuto la cattedra per il prossimo anno accademico, rischiando dunque il licenziamento. Il portavoce dell’ateneo, al quale sono iscritti circa 7.500 studenti, ha spiegato che assieme alla donna è stato fermato anche un uomo, come «persona informata dei fatti». Ma nessuna accusa è stata formulata a suo carico, mentre la docente è stata accusata di omicidio. Le vittime erano tutti colleghi di Amy Bishop, come i due feriti più gravi. La sesta persona coinvolta è invece un dipendente dell’università. Nessuno studente è rimasto ferito. La polizia ha isolato il palazzo della strage, avvenuta attorno alle 4 del pomeriggio (le 23 in Italia), e ispezionato le classi del dipartimento di scienze a matematica. Un dottorando, Erin Johnson, racconta di aver sentito spari e urla mentre studiava nella facoltà di biologia. La polizia è intervenuta rapidamente mettendo in sicurezza il dipartimento. Tutti gli studenti sono stati evacuati.
PORTO D'ARMI - Questa sparatoria è l’ultima di una lunga serie nei campus degli Stati Uniti, Paese in cui il dibattito sul porto d’armi continua a dividere la politica e la società civile. La sparatoria più sanguinosa ha avuto luogo in un’università della Virginia, il 16 aprile 2007, quando uno studente ha ucciso 32 persone prima di suicidarsi. (Fonte Agenzia Ap-Apcom)


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venerdì 5 febbraio 2010

Somari per sempre. Il governo dà il via libera alla «riforma» delle scuole superiori voluta dai ministri Gelmini e Tremonti: forti riduzioni degli orari e taglio di 17 mila cattedre, a partire dal prossimo anno. Gli studenti dovranno scegliere il loro futuro a 13 anni. Istituti tecnici declassati a scuole di serie B. L’opposizione e i sindacati: sarà «caos epocale»

Così da ieri la scuola secondaria superiore italiana è stata «riformata ». A scorrere il calendario non accadeva dal 1923, anno della cosiddetta riforma Gentile. E a raggiungere un traguardo così ambizioso è il ministro
dell’Istruzione Maristella Gelmini, che ieri ha incassato dal Consiglio dei ministri l’ok ai regolamenti con cui riorganizza i licei, i tecnici e i professionali. In effetti, però, la cosiddetta «riforma Gelmini» allo stato non è altro che una riorganizzazione delle scuole superiori: si sfoltiscono gli indirizzi e si riaggiustano gli orari (perdipiù tagliando le ore di lezione a scuola) e inoltre si riequilibra il peso di alcune discipline rispetto ad altre.

I detrattori definiscono l’intera operazione un taglio epocale, una misura mirata esclusivamente a risparmiare risorse.Ma dietro c’è molto di più: sulla scorta di una vulgata efficientista il governo ha di fatto separato in due il sistema scolastico. Da una parte ci sono i licei, dall’altra i tecnici e i professionali. Per entrambi sono tempi di magra, ma sono senza dubbio i secondi a farne la spesamaggiore, tant’è che se nei licei la riforma parte solo per i primi anni, nei tecnici e nei professionali sin da subito si andrà a una drastica riduzione dell’orario.

Il ministro, spalleggiata dal presidente del consiglio in persona, invece è su tutti altri toni: «E’ una riforma epocale e senza alcuna impronta ideologica. Certamente non studiata per fare cassa», ha detto. Aldilà degli aggettivi in parte è vero: Gelmini si è limitata a cucire insieme un po’ di cose predisposte dall’allora ministro Letizia Moratti e altre partorite dal ministero guidato da Beppe Fioroni nel governo di centrosinistra.

Scelta che secondo il ministro sarebbe garanzia di equidistanza, e che invece finisce per essere solo un pastrocchio con pochissimi respiro. Tutt’altro, insomma, dallo spessore che vorrebbe attribuire Berlusconi alla «riforma»: «Dal prossimo anno scolastico avremo delle scuole che possono essere comparate a quelle degli altri paesi europei - ha detto - perché, secondo quanto ci dichiarano tutte le imprese e le associazioni, la scuola attuale non sforna ragazzi con cognizioni adeguate alle richieste del mondo del lavoro».
Non sono mancate, ovviamente, le battute sulla ministra neo sposa «ha lavorato alla riforma invece di andare in viaggio di nozze». Tra gli aspetti positivi della riforma, per quanto riguarda i licei, ci sono l’istituzione di due nuovi licei (musicale e delle scienze umane), il potenziamento dell’area scientifica e matematica nel liceo classico con l’introduzione della lingua sin dal primo anno e per il linguistico l’introduzione sin dal primo anno l'insegnamento di tre lingue straniere, dal terzo anno una materia sarà impartita in lingua straniera, mentre dal quarto anno le discipline insegnate in lingua straniera diventeranno due.

Per i tecnici e i professionali, invece, buone notizie non sembrano essercene: la vera cifra della riforma è un taglio drastico dell’orario, 32 ore di 60 minuti al posto delle 36 ore di 50minuti attuali per i tecnici e ben 32 ore al posto delle 36 di oggi per i professionali. Con la promessa che si starà meno sui libri e più nei  laboratori. Il tutto condito da promesse di «laboratori» più numerosi (e anche di risorse) e una grandissima flessibilità del curricolo negli ultimi anni che prelude a un prossimo ritorno a una grande varietà di indirizzi.

Il taglio delle cattedre è conseguente: se ne calcolano 17 mila. «Il riordino della scuola superiore del governo non è una riforma, è un taglio epocale alla scuola pubblica italiana che ci allontana dall'Europa e nega pari opportunità di vita, di educazione e di lavoro ai ragazzi e alle ragazze del nostro paese», il commento del segretario del Pd Pierluigi Bersani, che ricorda un grosso limite della riforma: la completa assenze di possibilità di «passaggio» tra un sistema e l’altro: «La scelta compiuta a 13 anni diventa nei fatti irreversibile per la  grande differenza di programmi proposti dai diversi percorsi formativi sin dal primo biennio, favorendo la dispersione scolastica», dice Bersani.Durissima la Cgil, con il segretario della Flc Mimmo Pantaleo: «Ciò che il governo ha approvato non è una riforma ma solo una rigorosa applicazione dei tagli decisi dal Ministro Tremonti.

Il confronto con le organizzazioni sindacali è stato ancora una volta ininfluente rispetto alle scelte finali  nonostante le proposte avanzate nei tavoli tecnici e sistematicamente ignorate».

Il Manifesto 05.02.1010


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Torino PAPALINA: INSEGNANTI DI RELIGIONE FAVORITI DAL COMUNE. 300 insegnanti ed educatori negli asili nido e nelle materne si sono visti scavalcare dai docenti indicati dalla Curia.

C’è chi di anni di lavoro precario ne ha 10, altri ne portano sulle spalle 7 o 5.
Comunque tanti. Insegnanti o educatori negli asili nido e nelle materne del comune di Torino, trecento o forse più, si sono visti scavalcare da chi in graduatoria non aveva fatto nemmeno un giorno. Dagli insegnanti di religione, indicati dalla Curia e stabilizzati
dal Comune con un bando ad hoc.

Proprio nella Torino laica e multiculturale. Assunti con il profilo di istruttore pedagogico,
nello specifico insegnante di attività integrative; una parte delmonte ore dedicata alla
religione, l’altra all’assistenza all’handicap, pur magari non avendone i titoli. «È stata
una corsa contro il tempo, la selezione doveva chiudersi tassativamente entro il 31 dicembre,
perché erano i limiti imposti dalla finanziaria e la richiesta dei 1080 giorni restringeva
i requisiti agli insegnanti di religione che, seppur definiti precari, hanno contratti
annuali che vanno dal 1 settembre al 30 agosto» spiega Rosaria Albergo,membro del Coordinamento
nidi e materne ed educatrice con 6 anni di supplenze. Anche lei «beffata» dal bando.

Quella che raccontiamo non vuole essere una «guerra di religione», come qualcuno ha voluto far credere. «È una questione di laicità delle istituzioni - commenta Monica Cerutti, capogruppo in consiglio comunale di Sinistra e libertà, che in Sala Rossa sull’argomento ha presentato insieme a Maria Teresa Silvestrini del Prc diverse interpellanze – nonché di privilegi di alcuni lavoratori rispetto ad altri. Lo garantisco, non si tratta di accanimento politico. C’è un problema: è stato creato un precedente». Torino è, infatti, il primo comune che ha stabilizzato gli insegnanti di religione all’interno dei propri organici.

Nonostante il Tar del Piemonte, un anno prima, avesse respinto il ricorso proprio contro Palazzo Civico da parte di quattro insegnanti di religione che, nel 2007, si erano viste fuori dall’assunzione a tempo indeterminato per la copertura di 114 posti di istruttore pedagogico.
Il Tribunale aveva motivato la sentenza spiegando che la stabilizzazione doveva essere subordinata a procedure selettive di natura concorsuale o a graduatoria pubblica.

In un anno le cose sono cambiate. E una selezione, tra le polemiche, c’è stata, il 21 dicembre,
con una prova scritta a risposte multiple: 28 assunzioni e tre in attesa di verifica
dell’anzianità accumulata. Già il 20 novembre, il giorno dell’accordo per il bando, il primato
torinese era stato rimarcato dal segretario della Fp-Cisl, Aldo Blandino. Una decisione che ha visto la giunta di Chiamparino non sempre all’unisono. Da una parte l’assessore
al personale, il cattolico Domenico Mangone, favorevole addirittura all’introduzione di uno specifico profilo professionale di insegnante di religione, e dall’altra l’assessore
all’istruzione, il laico Beppe Borgogno, più cauto. Ma, alla fine, hanno firmato entrambi,
insieme a tutti i sindacati. Pure la Cgil, inizialmente critica, che ha motivato con un volantino la sua scelta «il nostro obiettivo è garantire la stabilizzazione di più
precari possibili», garantendo in un altro documento «un concorso a giugno rivolto al
personale precario».Monica Macario ha alle spalle 6 anni di precariato, come Rosaria Albergo,
negli asili nido: «Dopo essere state beffate, tocca ora a noi dettare le condizioni.

Chiediamo un concorso vero, basato sull’esperienza, il servizio, i titoli. Noi abbiamo una laurea in psicologia o pedagogia. E ci domandiamo in che modo Torino possa proporsi come fiore all’occhiello dei servizi educativi per l’infanzia con un convegno nazionale il prossimo marzo e poi assumere in ruoli chiave persone senza esperienza». Così, centinaia di lavoratori sono rimasti in bilico. Ma il concorso a giugno si farà, lo ha confermato l’assessore Borgogno: «Sarà rivolto ad insegnanti di scuola materna e educatori di asili nido, per un numero di posti
ancora da definire, attorno alle 70 unità. Potrà permettere di stabilizzare i precari di lungo
corso, senza disperdere le loro competenze ». Non rinnega i dubbi prima dell’accordo:
«Ero perplesso nell’introdurre un profilo professionale specifico, perché nel caso in cui
un insegnante divorziasse perderebbe l’abilitazione della Curia. Così non è stato. E, comunque,
di fronte a un accordo sindacale unitario non potevo sottrarmi. Anche perché al Comune di Torino abbiamo fatto negli ultimi anni il numero più alto di stabilizzazioni in Italia, 900. È, quindi, in linea con la nostra politica».

Facciamo un passo indietro, alle origini della vicenda. Racconta Rosaria Albergo: «Il 9 marzo del 2009 il consigliere comunale Gavino Olmeo (Pd) presenta una mozione per la stabilizzazioni di figure specifiche, gli insegnanti di religione, di cui, tra l’altro, solo una parte ha i titoli necessari. Noi come Coordinamento protestiamo da subito, perché non è trascurabile la differenza tra insegnare religione e svolgere attività educativa con la fascia 0-3 anni. E, poi, non è possibile tollerare che personale mai inserito in graduatoria, ma selezionato dalla Curia, maturi un servizio considerato equivalente a quello svolto nei nidi». Con l’accordo fra Stato e
Chiesa del 1985 e la legge del 2003, che definisce lo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica nelle scuolematerne, l’insegnamento può essere affidato alle maestre in classe, purché riconosciute idonee dall’autorità ecclesiastica oppure affidato a docenti esterni abilitati.

La seconda opzione è stata quella privilegiata dal Comune di Torino negli ultimi anni. In questo modo 31 docenti hanno maturato un’anzianità di oltre 36 mesi che, ai tempi dell’accordo di novembre, «veniva fatta valere dalla Cisl e dalla componente Teodem del Pd come un diritto
all’inserimento in ruolo» avevano denunciato i consiglieri di Rifondazione Maria Teresa
Silvestrini e Luca Cassano e la responsabile scuola del partito Giulia Bertelli. A maggio,
l’assessore all’istruzione Luigi Saragnese (Prc), che si era sempre opposto all’operazione,
perde le deleghe, ritirate dal sindaco Sergio Chiamparino.

Si arriva in fretta all’autunno. Le pressioni politiche si fanno insistenti, qualcuno le legge
come funzionali a possibili accordi con l’Udc, tuttora fuori dalla maggioranza in Sala Rossa. Iniziano, intanto, i presidi del Coordinamento nidi, insieme ai sindacati di base, la consulta torinese per la laicità, l’associazione radicale Aglietta e Coogen (il coordinamento genitori).

«Perde peso – spiega Albergo - l’ipotesi di introdurre un profilo specifico per le insegnanti di religione e si pensa di stabilizzarle come istruttore pedagogico (profilo di insegnante di attività integrative), attraverso un bando che richiedeva il diploma di scuola media superiore e l’abilitazione per la religione. All’assunzione l’orario sarebbe stato diviso in 18 ore di insegnamento di religione e le restanti 12 al sostegno, magari anche l’insegnamento della seconda lingua.

Peccato non avessero mai svolto il lavoro relativo alla figura professionale per cui sarebbero
state assunte. Ma sembrava, per paradosso, non ci fosse nulla di strano. Garantiva l’assessore Mangone “le assumiamo e dopo facciamo un corso di formazione”». Alla firma dell’accordo, l’ex assessore Saragneselo considerò al ribasso, scrisse: «Non per odio contro la religione o per ateismo come vergognosamente comparso nei volantini, ma perché la stragrande maggioranza delle
insegnanti di scuola dell’infanzia di cui si chiedeva la stabilizzazione non possedevano i requisiti previsti dalla legge. Cioè, per insegnante della scuola dell’infanzia il diploma di Scuola magistrale o di istituto magistrale oltre all’abilitazione mediante concorso oppure la laurea in Scienze della formazione primaria. E per il sostegno, stessi requisiti più ulteriore corso di specializzazione».

Il Coogen è stato tra i più critici sulle conseguenze nella qualità educativa, esprimendo
un giudizio negativo perché «è stata introdotta la figura di insegnante per le attività integrative di religione. Ma da quando la religione lo è? Decisione poi sconcertante in
una fase in cui a ogni richiesta di sostenere la qualità dei servizi educativi si risponde
che non vi sono risorse. Con l’accordo si sono attuati la dequalificazione dell’insegnante
di sostegno e un’offesa al rispetto del bambino portatore di handicap». Edoardo Boni, da anni impegnato per i diritti dei disabili (è membro di Informa Handicap), precisa: «Il mio diritto è anche quello di essere, prima che invalido, un uomo che difende i bisogni dei cittadini e dà voce ai diritti di chi viene dimenticato. E cosa può fare un insegnante, pur bravo, ma non competente a trattare la gravità di un bambino autistico?» Il 26 gennaio si è svolta in Commissione l’audizione del Coordinamento Genitori, con qualche novità rassicurante. «Ci è stato
precisato – conclude Monica Cerutti - che i docenti di religione saranno impiegati esclusivamente nell’insegnamento della religione.

Rimangono delle perplessità: qualora questi insegnanti perdessero l’idoneità dalla Curia, verrebbero destinati ad altre funzioni, come il sostegno ai bimbi con handicap, attività
molto delicata. E come verrebbero reintegrati altri insegnanti di religione? Con un nuovo canale preferenziale?». Domande che nuotano nell’aria.

Il Manifesto 02.02.10 - Mauro Ravarino

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