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martedì 20 aprile 2010

La Gelmini maschera con la "continuità didattica" l'accoglimento dei diktat leghisti.

La Gelmini, e con lei il governo, si apprestano a pagare il successo leghista alle elezioni regionali con l'accoglimento delle richieste del partito di Bossi.
Una di queste, la predisposizione di graduatorie regionali, viene spiegata, con notevole faccia di bronzo, come atto volto a ricercare una "fantomatica" continuità didattica, mai ricercata nei decenni passati e anzi ostacolata dalla mancata assunzione delle migliaia di precari costretti ogni anno a cambiare scuola e a volte anche città.

(da LaStampa.it)
Il governo sta pensando a un disegno di legge che sarà varato nel 2011 per il miglioramento della qualità dell’insegnamento in cui saranno inserite le graduatorie regionali degli insegnanti. A dirlo è il ministro della Pubblica istruzione, Maristella Gelmini, parlando a margine della riunione del “Tavolo della Lombardia” che si è svolto al Pirellone di Milano.

«Stiamo ragionando su come garantire al continuità didattica e il miglioramento della qualità dell’insegnamento - ha detto la Gelmini alla sua prima uscita ufficiale a pochi giorni dal parto - e questi temi saranno inseriti in ddl che riguarderà il reclutamento e la valutazione degli insegnanti».

«Noi abbiamo proceduto a realizzare i risparmi previsti dalla Finanziaria - ha spiegato - e tutto questo porta una cifra piuttosto considerevole che dovrà essere riversata in incentivi per gli insegnanti nel 2011. Non dobbiamo quindi perdere tempo ma questo lasso intermedio di mesi deve essere utilizzato per mettere a punto un ddl che ottenga due obiettivi. Da un lato un avanzamento degli insegnanti legato alla carriera e non all’età di servizio, come oggi purtroppo è, dall’altro un sistema di valutazione avanzato che ci consenta di ridistribuire i risparmi in termini meritocratici».

La Gelmini ha quindi spiegato che la vicinanza fra la residenza degli insegnanti e il luogo di lavoro va verso la direzione di garantire la continuità didattica e quindi la qualità dell’insegnamento e che l’introduzione di graduatorie regionali degli insegnanti saranno inserite nel 2011.

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Sciopero degli scrutini, l'ultima carta di Cobas e precari scuola Contro taglio 40.000 posti. (ma legge tollera solo due giorni).

(apcom)
A meno di un mese dal termine dell'anno scolastico, i sindacati di base ed i coordinamenti dei precari rimangono fermi nell'intenzione di praticare lo sciopero degli scrutini per protestare contro i tagli di oltre 40mila posti (25.558 docenti e 15mila Ata): la conferma di adottare la forma protesta estrema, non prevista dalla legge se non per i primi due giorni di scrutini, è giunta dall'assemblea nazionale dai Cobas. Secondo il portavoce nazionale, Piero Bernocchi, "la lotta deve culminare in una fine di anno scolastico fortemente 'movimentata'". Per i Cobas, ma anche per le associazioni che tutelano il personale non di ruolo, ad iniziare dai Comitati precari scuola, il blocco degli scrutini rappresenta l'ultima vera possibilità per attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica sul licenziamento di decine di migliaia di supplenti. Bernocchi definisce la seconda tornata di tagli, dopo quella dello scorso anno scolastico, una vera "mattanza di posti di lavoro" che starebbe passando quasi inosservata: "nel settore industriale, ad esempio il licenziamento da settembre di 41 mila operai per una ipotetica chiusura di tutti gli stabilimenti Fiat in Italia e di tutti i petrolchimici, scatenerebbe, e giustamente, il finimondo". "Persino i sindacati passivi e la sedicente 'opposizione' di centrosinistra - continua - sarebbero costretti a reagire: mentre l'annunciata eliminazione di 41 mila docenti ed Ata lascia tutti costoro, figuranti solo nel teatrino del più vacuo antiberlusconismo, silenziosi e complici". L'azione di disturbo del sindacato dovrà tuttavia fare i conti con la legge antisciopero n. 146 del 1990, la quale blocca sul nascere qualsiasi tentativo di sciopero permanente o a oltranza: nel testo è, infatti, esplicitamente vietato per i docenti della scuola attuare più di due giornate consecutive di sciopero.

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venerdì 16 aprile 2010

Federalismo scolastico sulla pelle dei precari

Cinzia Gubbini - Il Manifesto

Prove di federalismo scolastico, e sulla pelle dei più deboli: i precari. San Benedetto del Tronto, dove sono riuniti per il congresso della Flc Cgil 570 delegati da tutta Italia, è il luogo ideale in cui fotografare come, in questi mesi, le regioni hanno risposto al decreto salva-precari del ministro dell’Istruzione Maristella Gelmini.

Problema gravissimo e misconosciuto quello del precariato della scuola, fiaccato dalla sua lunga storia, quasi che fosse un problema endemico e sempre uguale a se stesso. Il segretario nazionale Mimmo Pantaleo ne ha fatto un punto centrale della sua relazione, i precari al congresso chiedono forme di lotta incisive, qualcuno ventila lo sciopero degli scrutini. Perché tutto sta cambiando, e velocemente. La destra non lesina le sue ricette, e in questo caso – di fronte ai tagli pesantissimi imposti dal ministero dell’Economia, e alle prese con un settore che non prevede alcun ammortizzatore sociale – la risposta avanzata è stata la sperimentazione di un «welfare regionale ». 


Con risultati disastrosi, e siamo solo all’inizio. Tutto cominciò con il decreto Gelmini: la risposta-beffa del governo ai tagli delle cattedre. Il ministro, con due provvedimenti, assicurò a tutti gli insegnanti che nell’anno 2008-2009 avevano avuto un incarico annuale, e poi a quelli che hanno maturato almeno 180 giorni di servizio in una scuola, la possibilità di mantenere il punteggio e di costituire una lista prioritaria per l’acceso alle supplenze brevi. Soldi: neanche un euro. Questi insegnanti – migliaia di persone che inmolti casi lavoro
da più di dieci anni – sono rimasti a casa con l’unica consolazione dell’indennità di disoccupazione: circa 800 euro che vanno a scalare col passare deimesi.

Meglio di niente, si dirà. Ma il diavolo ci ha  messo la coda: il decreto, infatti, ha aperto al strada al "generoso" intervento delle regioni. E così oggi dal Veneto alla Sicilia le situazioni sono diversissime. «Ricordiamoci che l’origine di tutti i mali viene proprio dalla Sicilia», puntualizza il segretario regionale siciliano della Flc Lillo Fasciana. Si sa che il paradosso è l’arte italiana e anche in questo caso non si fa eccezione. Fu infatti il leghista meridionalista Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia, a suggerire la soluzione a Gelmini che non sapeva come rispondere ai tagli di Tremonti. «Lombardo disse che avrebbe utilizzato i fondi europei per
dare un supporto alla scuola – ricorda Fasciana – e da lì è partito tutto». Ma i fondi europei in Sicilia sono ancora bloccati, e per i 4 mila precari non è arrivata alcuna risposta. «E anche se fosse arrivata – dice Fasciana –  sarebbe stata pessima: contratti di prestazione d’opera per progetti integrativi da realizzare fuori dalla scuola.

Una svalutazione del personale dal punto di vista professionale e contrattuale». Tutt’altra situazione in  Lombardia. Qui il piano territoriale c’è ed è partito ben oliato dai fondi della regione: 15 milioni di euro. I requisiti di accesso al progetto regionale sono stati addirittura allargati rispetto al decreto salva precari arrivando ad interessare circa 800 persone. Ma le condizioni sono pessime: insegnanti e amministrativi lavorano con lettere di incarico, senza alcuna garanzia contrattuale, per 36 ore al mese in progetti che riguardano il settore dell’handicap, dell’integrazione degli stranieri, del recupero scolastico e così via.

La Flc non ha firmato: «Pretendiamo una contrattualizzazione perché l’obiettivo deve essere creare occupazione – dice Luciano Grimaldi della Flc Lombardia – e comunque volevamo una intesa tra Stato e regioni su questi piani territoriali che non c’è stata».

Forse anche a causa di questa deregulation selvaggia, la degenerazione sta prendendo piede: al sindacato arrivano segnalazioni di dirigenti scolastici che usano docenti, e soprattutto amministrativi, inseriti nei progetti regionali per coprire i buchi di organico, anche se il patto territoriale lo vieta. Così ci si ritrova con supplenti sostanzialmente pagati dalla regione. Altro giro, altra partita in Veneto. In questo caso il sostegno al reddito dei precari della scuola è stato attivato attraverso un progetto di formazione, al quale alla fine hanno avuto accesso anche i docenti di ruolo, ma dal quale sono stati esclusi gli amministrativi. Paga il fondo sociale europeo (2,5 milioni di euro). Il progetto riguarda circa 300 persone che con 480 ore di formazione possono arrivare a guadagnare circa 4.800 euro all’anno. Mica come in Campania, dove è stato bloccato un progetto molto simile a quello veneto: avrebbe riguardato circa 6mila precari con un sostegno di 2.500 euro per un anno di formazione. «Ma per i soliti ritardi – dice il segretario regionale Giuseppe Vassallo - non è partito nulla». Tutti a casa, o in attesa di emigrare al nord.



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mercoledì 7 aprile 2010

Il sindaco leghista: «Mensa non pagata, bambini fuori dalla scuola»

Stamattina nel comune di Adro (BS) quaranta alunni, italiani e stranieri, resteranno senza pasto.

Cinzia Gubbini - Il Manifesto

Neanche a pane e acqua, bensì fuori da scuola per due ore. Dove non si sa, non è questione che interessa
l’amministrazione leghista di Adro. Siamo in Franciacorta, provincia di Brescia, e la guerra contro i bambini figli di famiglie che non pagano lamensa scolastica vede di nuovo protagonista un sindaco del Carroccio:
Oscar Lancini. Le polemiche contro un’analoga iniziativa adottata il mese scorso a Montecchio Maggiore, nel Vicentino, dove gli alunni morosi furono sfamati con panini imbottiti e una bottiglia di acqua, non hanno  intaccato i primi  cittadini in camicia verde. Così da stamattina 40 bambini dell’Istituto comprensivo di primo e secondo grado di via del Lazzaretto a Adro non saranno ammessi alla mensa scolastica.

La circolare che è stata recapitata ai genitori - tramite bambini, che si sono visti consegnare in classe una busta chiusa di cui tutti i compagni conoscevano già il contenuto, si può immaginare la vergogna - parla chiaro: «L’organizzazione  scolastica non ha nessuna possibilità e risorsa strutturale ed economica per garantire agli alunni l’assistenza e soprattutto un pasto alternativo rispetto a quello fornito dall’amministrazione comunale con il servizio della mensa scolastica». Insomma, scrive il dirigente scolastico Gianluca Cadei, la scuola non sa né come assistere, né cosa dare da mangiare ai bambini se non ci pensa chi ne ha la responsabilità, cioè il Comune.

Quindi l'unica soluzione è che i figli dei morosi durante le ore dei pasti escano da scuola. Ma siccome si tratta di minorenni la circolare specifica che «dovranno essere ritirati dalla scuola alle 12,10 e riaccompagnati dai genitori alle 14,10 per le lezioni del pomeriggio».Ma come faranno i genitori che lavorano? E la mensa non è forse orario scolastico obbligatorio? Il sindaco Lancini non si fa, evidentemente, tante domande. Contro la decisione dell’amministrazione comunale di Adro si sono mossi la Caritas e lo Spi Cgil, che per stamattina annunciano un’iniziativa di protesta: volontari porteranno nella scuola di via Lazzaretto cibo, frutta e acqua per i bambini esclusi dalla mensa. Ma da quanto è trapelato, il sindaco non ha intenzione di permettere l’ingresso nelle aule scolastiche dell’associazione cattolica e del sindacato dei pensionati. Lancini è famoso per le sue iniziative contro gli immigrati extracomunitari: anni fa mise una taglia sui clandestini, ad Adro gli extracomunitari sono sistematicamente esclusi dai bonus per le famiglie bisognose.

Ma dalla guerra agli immigrati, la politica dell’amministrazione leghista sta virando velocemente verso la guerra contro tutti coloro che si trovano in difficoltà economiche e sociali. L’esempio della mensa scolastica è lampante. La maggior parte di bambini esclusi è di origine straniera,ma non sono stati risparmiati i bambini italiani. Spesso alle spalle hanno già il dramma della crisi economica e della perdita del lavoro dei genitori. Oppure solo una vita complicata, come nel caso di Ilaria Poli, la cui figlia che frequenta la quinta elementare è tra gli esclusi: «Cresco da sola tre figli - spiega - Ho sempre pagato, ma spesso in ritardo. Va anche detto però che a Adro la mensa si paga in anticipo: ti risarciscono se il bambino non frequenta». Pur avendo un reddito basso, Poli paga il massimo della retta (100 euro al mese) perché non è residente a Adro, ma in un paese vicino. In pratica sconta la volontà della giunta leghista di negare ogni supporto ai non residenti, pur essendo italianissima. Ad Adro la signora lavora, ci vive sua madre, e per questo ha iscritto sua figlia in quel Comune, pur essendo «straniera». Stamattina accompagnerà sua figlia a scuola: «Le ho parlato, ha sofferto per questa situazione. Ma a scuola andrà comunque. Non ci possono sbattere fuori».


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