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giovedì 30 aprile 2009

BEATA IGNORANZA

“PERCHE’ UNA BUONA SCUOLA E’ IL FUTURO DEI NOSTRI FIGLI E IL FUTURO DEL PAESE”.
L’ANALISI DI SIMONETTA SALACONE, DIRIGENTE SCOLASTICA DELLA IQBAL MASIH DI ROMA E CANDIDATA ALLE EUROPEE NELLE LISTE DI SINISTRA E LIBERTA', SU COSA ‘NON’ FA UNA SCUOLA BUONA

La forza dimostrata dai coordinamenti genitori-docenti in questi mesi di resistenza e reazione ai provvedimenti dei Ministri Gelmini e Tremonti è derivata dalla consapevolezza di essere nel giusto: chi si occupa di educazione e di istruzione sa di cosa si parla, quando si parla di una buona scuola, ma soprattutto sa di cosa non si parla.
Una buona scuola educa al pensiero critico e alla complessità; non può essere povera di contenuti di mezzi, di risorse. Non può essere affidata a docenti unici, trasmettitori di pensiero unico.
Una buona scuola accoglie tutti, fa emergere le potenzialità e le doti di ciascuno, promuove abilità e aiuta a costruire competenze: non esclude, non seleziona, non divide sulla base di capacità, appartenenze sociali e culturali, provenienze etniche.
In una scuola di qualità si sollecitano la ricerca, la capacità collaborativa, il sapere condiviso; si socializzano le conoscenze e le emozioni; si condividono percorsi e scoperte. Non si apprende da soli o in competizione con i compagni. A scuola si trasmettono le conoscenze di una società, organizzate in apparati disciplinari in continua evoluzione. La buona scuola non si arrocca sul passato, non considera le discipline e i loro contenuti fini a se stessi, non trasmette certezze né verità assolute. In una buona scuola la storia, le conoscenze, la cultura accumulate devono servire ai giovani per capire il presente e per proiettarsi nel futuro, con immaginazione, con curiosità, con atteggiamento critico e senza timori di fronte al nuovo.
Al centro di una buona scuola ci sono i soggetti che apprendono. I bravi docenti non si preoccupano solo di ciò che insegnano, ma di ciò che i loro alunni apprendono: sanno utilizzare la pedagogia dell’ascolto, sono attenti ai bisogni e alle relazioni, sanno costruire percorsi di apprendimento, anche operativo, su misura per tutti, soprattutto per i più fragili.
Una scuola che ascolta ha bisogno di tempo, di adulti competenti, di spazi per il fare intelligente, di investimenti .Non è la scuola a cui Gelmini e Tremonti tagliano tempi, professionalità, risorse.
Una scuola così, quella disegnata dalla nostra Costituzione, è il primo presidio contro esclusioni, xenofobia, individualismo.
Una scuola così educa soggetti che non saranno succubi di poteri autoritari e di media invasivi.
Che sapranno mettersi in gioco sui terreni di nuove forme di solidarietà e di nuove modalità di utilizzo delle risorse della Terra.
Che sapranno ricercare nuove vie di pace, di sviluppo equo, di produzione non dissipatrice delle risorse di tutti.
Il futuro complesso che siamo chiamati a costruire, anche rideclinando i valori e il pensiero “di sinistra” è affidato a questi cittadini che oggi stiamo aiutando a crescere.
Non tutta la scuola, oggi, è consapevole dei propri compiti e capace di farsene carico.
Il mandato che la Repubblica affida alla propria scuola va attualizzato: nuovi cittadini entrano nelle nostre aule, nuovi saperi si affiancano a quelli tradizionali, le tecnologie e i nuovi linguaggi cambiano le modalità di apprendimento e di comunicazione.
Non tutta la società si rende conto del compito cruciale di rinnovamento educativo che la scuola deve affrontare e che non può realizzare senza il supporto, l’incoraggiamento e la collaborazione della società civile.
Mettere al centro la scuola, l’istruzione, l’educazione, la ricerca non può essere solo una bella affermazione di principio, deve essere il cuore dell’impegno politico e del percorso di una nuova sinistra.

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