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lunedì 25 gennaio 2010

Docente precaria lascia la cattedra per i film hard "Mai un contratto che mi desse un po' di serenità"

oggitreviso.it - “Brava Michelle....attenta che adesso potresti diventare ministro! :-)”.
Sulla bacheca Facebook di Michelle Liò (la prosperosissima bionda che vedete in una foto tra le più caste) i complimenti si sprecano. Gli amici di Michelle le fanno i complimenti “per la sua scelta”; qualcuno si sbraga: “Ti stimo!!”, scritto con il doppio punto esclamativo.
Ma perché Michelle Liò (il nome è assolutamente d’arte) riceve tanto sostegno? Perché in questi giorni è arrivata… al giro di boa. Ha preso il toro per le corna, ha dato una sterzata alla sua vita. Insomma: luoghi comuni a parte, ha deciso di cambiare professione. E’ passata dalla cattedra (dove faceva l’insegnante) al set (a luci rosse) dove fa la pornostar. Dopo una vita passata a fare la supplente in scuole pubbliche e in instituti religiosi, Michelle ha detto stop. Stop al precariato, stop a quel posto traballante di docente. S’è spogliata delle incertezze e pure della lingerie e anziché di fronte a una scolaresca s’è messa davanti a un obiettivo. Nuda.
Quarant’anni, una figlia e un marito che le fa da manager, Michelle (alias Principessa Lio) abita a Treviso ma è molto conosciuta anche nei locali di Conegliano e Sacile dove si è esibita anche recentemente in qualche sexy show. Di sé, sulla bacheca facebook, scrive di essere molto amata da giovani e meno giovani e pure dalle donne”. Non è dato sapere se fosse amata anche dagli allievi che, d’ora in poi dovranno fare a meno delle sue lezioni ex cathedra. Tutti gli altri (estimatori del genere) potranno invece vederla in Andy Casanova, il film a luci rosse che Michelle ha girato in un casolare toscano e che uscirà il prossimo 14 febbraio, giorno di San Valentino.

Come commentare? Magari Castelli intendeva questo quando ad Anno Zero rivolgendosi alla nostra collega precaria la esortava "..Lei è ancora giovane e bella..."

Chissà potremmo farci un pensierino...
Canteremmo tutti la famosa canzone di Elio e le storie tese:
"...sì perchè il pene mi dà il pane..."

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venerdì 22 gennaio 2010

Scuola: Nuovi tagli, è rivolta nella scuola "Dovremo portare i gessetti da casa"

Una circolare del Ministero fa scattare la protesta di tutte le organizzazioni spesso divise "Per i presidi un rebus dall'acquisto della carta igienica alla nomina dei supplenti: è desolante"

E il governo decide di non restituire un miliardo alle scuole per spese già effettuate.

(Salvo Intravaia Repubblica.it)

Presidi sull'orlo del collasso. Lo scorso 14 dicembre il ministero dell'Istruzione ha comunicato alle scuole le modalità per compilare il cosiddetto Programma annuale (quello che una volta si chiamava Bilancio) e, dopo due semplici conteggi, dirigenti scolastici e Direttori dei servizi amministrativi (un tempo chiamati segretari) si sono accorti dell'ennesimo taglio alle risorse delle scuole. Nel 2010 diventerà ancora più difficile nominare i supplenti e provvedere alle spese di funzionamento per acquistare carta igienica e detersivi per le pulizie, così come materiale di cancelleria.

Una cosa è certa: l'ulteriore stretta sui già risicati budget scolastici ha ricompattato lo sfilacciato fronte sindacale della scuola. In una lettera inviata al ministero lo scorso 19 gennaio Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti hanno chiesto a Giovanni Biondi, capo dipartimento per la Programmazione di viale Trastevere, e al collega Marco Ugo Filisetti, direttore generale per la Politica finanziaria e pper il Bilancio, "un incontro urgente per discutere sui finanziamenti alle istituzioni scolastiche e sulle problematiche sollevate dalla recente nota ministeriale sul Programma Annuale 2010".

"Le nostre scuole - scrive la Cisl scuola in una nota - sono ancora una volta costrette a fare i conti con una drammatica mancanza di risorse. La nota/circolare inviata dal Miur lo scorso 14 dicembre - continua - ha un unico pregio: quello di restituire, con evidenza quasi fotografica, l'immagine desolante delle difficoltà che ancora una volta segnano la gestione delle istituzioni scolastiche; difficoltà per le quali non è prospettata, né si intravede, alcuna soluzione".

Più netta la posizione della Flc Cgil che parla di scuola "messa a soqquadro da una circolare inapplicabile" che obbliga le scuole "ad agire nell'opacità, senza trasparenza eludendo la veridicità dei dati. Di violare i vincoli giuridici ed etici che debbono contraddistinguere le gestioni pubbliche dello stato". "Le scuole non possono stare al gioco di chi vuole mettere a soqquadro la scuola pubblica obbligando i genitori a finanziarla per intero". Per il 2010, il ministero assegnerà un budget onnicomprensivo, calcolato sulla base di alcuni indici diversi da scuola a scuola: numero degli alunni, numero delle classi e altri parametri.

Ma "una volta detratte dalla dotazione annuale le risorse relative al Fondo d'istituto, la spesa per i
contratti di pulizie (decurtati del 25 per cento) e, per gli istituti d'istruzione secondaria superiore,
l'importo per gli esami a carico delle classi terminali", scrive al ministero Giorgio Rembado, presidente dell'Associazione nazionale presidi, nella disponibilità" degli istituti restano "esigue differenze che dovrebbero coprire le spese per le supplenze brevi e il fabbisogno per il funzionamento".

Ma c'è di più. Il ministero, senza confrontarsi con nessuno, ha deciso di congelare il miliardo di euro di crediti che le scuole italiane vantano nei confronti del ministero per spese spesso già sostenute e di decurtare del 25 per cento i contratti di pulizia nelle scuole a favore delle cooperative esterne Decisione che ha indotto il direttore regionale della regione Piemonte, Francesco de Sanctis, alla clamorosa decisione di prorogare al 28 febbraio il termine ultimo, stabilito dal ministero, per la trasmissione del bilancio. "Si comunica che a seguito delle difficoltà rappresentate da codeste istituzioni scolastiche in relazione all'applicazione della riduzione del 25 per cento delle spese per i contratti di fornitura dei servizi di pulizia, lo scrivente ha avanzato al Miur richiesta di modifica di quanto sopra", stabilendo di fare slittare i termini dal 15 al 28 febbraio.

Ma il ministero fa orecchio da mercante. "Il rischio concreto che si corre - spiegano i dirigenti scolastici aderenti all'Asal (l'Associazione delle scuole autonome del Lazio) - è che le scuole interrompano, più o meno bruscamente, la sostituzione dei docenti assenti con la conseguente lesione del diritto all'istruzione degli alunni, oppure che le scuole continuino a nominare i docenti supplenti" o che, nominandoli ugualmente, si incrementerà il credito nei confronti con l'amministrazione e il contenzioso con i supplenti cui non fosse corrisposta la remunerazione dovuta. Questa seconda ipotesi si è già verifica". E scarseggeranno fogli di carta e toner per le stampanti, così come i detersivi per pulire i locali.

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Obbligo scolastico? In officina

Si dice: «l’istruzione fa la differenza», perché permette di aumentare sia la produttività generale che lo stipendio individuale. Quindi, cosa fa questo governo? Permette di trascorrere l’ultimo anno di istruzione obbligatoria (il secondo anno delle superiori, in un percorso regolare) sotto forma di «contratto d’apprendistato». Gli «accordi di Lisbona», nel 2000.
avevano fissato l’anno appena iniziato come il traguardo da tagliare per una matura «economia della conoscenza ». Ben arrivata, Italia! La Commissione lavoro del Senato, ieri mattina, ha approvato un emendamento – presentato dalla maggioranza – al disegno di legge sul lavoro,
collegato alla Finanziaria. In cui è previsto che l’apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell’obbligo dell’istruzione. Avete presente quel che fanno già spontaneamente molti genitori poveri, nei territori più arretrati? Non mandano più i figli a scuola, perché servono le loro braccia per portare a casa qualche euro in più. Si chiama «dispersione scolastica» e viene da decenni combattuta in molte forme.Ora non più.
Diventa legalissima, anzi, equivale «quasi» a un titolo di studio, purché avvenga «solo» tra i 15 e i 16 anni di età.

Un ministro incommentabile come Maurizio Sacconi ci ha tenuto a rilasciare il suo personale giudizio su questa misura: «Non si tratta per nulla di anticipare l'età di lavoro, ma di
consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una più efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo. Si tratta in
ogni caso di una possibilità in più e del riconoscimento comunque che il lavoro è parte del processo educativo di una persona». C’è da pensare, dunque, che si possa prima o poi essere
messi al lavoro anche prima dei 15 anni, tanto sempre «educazione» è. Non a caso, il testo risulta in conflitto con almeno due leggi esistenti da molto tempo: l’obbligo scolastico e l’età minima per poter lavorare, entrambe fissate a 16 anni.

Immediate le reazioni politiche e sindacali, con il Pd che tramite Fioroni – exministro dell’istruzione – parla di «inaccettabili salti indietro nella formazione»; l’Idv di «governo ignorante che incita all’ignoranza». La Cgil vi nota «l’abbassamento dei diritti», criticando
la becera «propaganda» sui temi del «lavoro per i i giovani e la lotta al sommerso». Critiche senza appello arrivano anche dalle assai più bendisposte (di solito) Cisl e Uil, che parlano
di «emendamento da ritirare».

Tra l’allarmato e l’ironico, invece, la reazione dei diretti interessati. Mentre la Fgci invita il presidente Napolitano a non controfirmare il testo (che dovrebbe iniziare il percorso in aula
già lunedì prossimo), la Rete degli studenti coglie il nesso tra il testo e i fatti di Rosarno: «e ora tutti a raccogliere le arance!». Complice anche l’altroministro, Brunetta, che nei giorni scorsi aveva straparlato di una «legge per mettere fuori di casa» chi aveva più di 18 anni di età.

Il decreto lavoro, frutto di mediazioni con il Pd, contiene anche un’unica cosa positiva: il ripristino della gratuità per le cause di lavoro (che era stata cancellata proprio per scoraggiare i lavoratori dal far ricorso contro licenziamenti, ecc).

Ma il punto sull'apprendistato «istruttivo» è davvero l’elemento che mette in chiaro l’idea di società che anima questa maggioranza. I giovani in difficoltà con l'assolvimento dell’obbligo scolastico sono, com’è noto, quelli con alle spalle famiglie decisamente povere. Avallare la possibilità di mandarli al lavoro appena un anno dopo la licenza media – a prescindere
oltretutto dalmerito scolastico – significa, com’è stato osservato subito, «bloccare la possibilità di mobilità sociale».

Peggio ancora, visto che proprio ieri è stato approvato dalla Camera anche il regolamento di riforma delle superiori, che prevede tra l’altro la soppressione di migliaia di cattedre. Il
combinato disposto è quindi chiarissimo: chiudere con l’istruzione «diritto universale» e «risparmiare» sul personale, riducendo la platea dei potenziali «clienti». Persino il senatore Rusconi, del Pd, è stato costretto a riesumare la definizione di «indirizzo classista» per questo schema.

I Cobas, che ieri stavano protestando davanti Montecitorio insieme alla Cgil e altri settori del mondo della scuola, hanno perciò confermato senza esitazioni lo sciopero generale della
scuola, proclamato per il prossimo 12 marzo.

(Il Manifesto 21.01.2010)

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Ritorno alla scuola del più forte

di Alba Sasso (Sinistra Ecologia e Libertà)

Annidato in un emendamento a una legge sul lavoro un colpo
mortale al sistema scolastico italiano. In pratica la soppressione
dell’obbligo scolastico ma solo per alcuni : «i meno volenterosi».

A questi ragazzi si indica sbrigativamente un’altra strada:
quella dei percorsi di apprendistato. L’apprendistato è una non
scuola e un non lavoro. Una parte dei ragazzi continuerà a studiare,
un’altra sarà dirottata a un semilavoro precario e sottopagato. Altro
che valenza formativa del lavoro! E vogliamo ancora credere che le
imprese abbiano voglia di formare la propria forza lavoro, quando i
contratti di apprendistato sono serviti in questi anni a tutt’altro: a ridurre
le retribuzioni e ad aggirare le norme per l’applicazione dello
Statuto dei lavoratori, dal momento che gli apprendisti sono esclusi
dal numero dei dipendenti?

Qualche mese fa un rapporto di Bankitalia dimostrava come sia
produttivo l’investimento in istruzione. E in questo ultimo anno
molti paesi europei e gli Stati uniti hanno affrontato la crisi finanziaria
economica e sociale investendo massicciamente nel settore della
conoscenza.

In Italia invece un pauroso salto all’indietro. Drammatico in un
Paese dove, come documenta l’Istat, ancora nel 2008 il 47% della popolazione
italiana ha come titolo di studio più elevato solo la licenza
di scuola media inferiore. Non c’è solo l’assurdità di cancellare l’obbligo
di istruzione almeno fino a sedici anni, presente in tutti i paesi
civili. C’è una brutale volontà di ritorno al passato: di cancellare
quel nesso tra istruzione e sviluppo che fu alla base della riforma della
scuola media unica del ’62 e persino di negare l’idea positivista
d’inizio secolo, secondo la quale il progresso sociale doveva misurarsi
con la necessaria alfabetizzazione di vasti strati della popolazione.
Una scelta confusa e pasticciata (a quindici anni e quindi dopo
un anno di permanenza nella scuola secondaria).Ma qualcuno pensa
a queste ragazzi e ragazzi più fragili culturalmente, più deboli socialmente
sballottolati da un percorso all’altro ai quali si nega formazione
e futuro?

In realtà dietro tutto questo c’è un’idea precisa di società - la società
del più forte - e di governo – forte con i deboli e debole con i
forti. E c’è un attacco alla democrazia perché è scelta di democrazia,
quella di un paese che riesce a garantire livelli diffusi di istruzione al
più alto numero di cittadini, combattendo l’idea che la formazione
serva solo a selezionare imigliori, piuttosto che a intercettare e valorizzare
le capacità specifiche di ognuna e ognuno. La scuola non
può essere «un ospedale che cura i sani ed espelle i malati»,ma deve
essere un luogo, che continuando a garantire a tutti l’accesso all’istruzione
, è in grado di intercettare il merito dovunque si nasca e
da qualsiasi famiglia si provenga.

Questa norma -sottratta a ogni discussione- e che bisogna cancellare
subito è un attacco alla democrazia sostanziale, è una scorciatoia
per non affrontare con riforme vere il tema drammatico della dispersione
scolastica . Una ferita per tutto quanto costruisce civiltà,
democrazia e futuro per il Paese e per le nuove generazioni.

Il Manifesto 21.01.2010

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sabato 16 gennaio 2010

Scandaloso! la politica dei tagli non è uguale per tutti: Aumenti ai prof. di religione

Nella busta paga del mese di maggio troveranno circa 220 euro in più
di SALVO INTRAVAIA da repubblica.it

SCATTI stipendiali per gli insegnanti, ma solo per quelli di religione. Lo ha stabilito il ministero dell'Economia lo scorso 28 dicembre. Mentre i sindacati della scuola sono alle prese con un complicato rinnovo del contratto in favore di tutti i docenti e gli Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) della scuola, alla chetichella quelli di religione nella busta paga del mese di maggio troveranno una gradita sorpresa: il "recupero" degli scatti (del 2,5 per cento per ogni biennio, a partire dal 2003) sulla quota di retribuzione esclusa in questi anni dal computo. Supplenti compresi.

A spiegare la portata del provvedimento, che porterà nelle tasche degli interessati un bel gruzzoletto, è lo Snadir (il sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione). "Gli aumenti biennali per gli insegnanti di religione, che in precedenza venivano calcolati nella misura del 2,5 per cento del solo stipendio base, dovranno ormai ammontare al 2,5 per cento dello stipendio base comprensivo della Indennità integrativa speciale". Una cosetta di non poco conto visto che l'Indennità integrativa speciale rappresenta circa un quarto dell'intera retribuzione dell'insegnante e che gli anni da recuperare sono tanti, quasi quattro bienni.

Quanto basta, e avanza, per riaccendere la polemica sui privilegi assegnati dallo Stato in questi ultimi anni ai docenti di religione cattolica: accesso alla cattedra su segnalazione dell'ordinario diocesano, assunzione sulla base di un successivo concorso riservato, passaggio ad altra cattedra in caso di perdita del requisito per insegnare la religione (l'attestato dell'ordinario diocesano) e scatti biennali anche per i precari). "Mentre il ministro Tremonti a dicembre ricorda alla Curia che presto saranno liquidati gli scatti biennali di anzianità al personale docente di religione con incarico annuale o di ruolo, che non ha mai richiesto tale indennità sotto forma di assegno ad personam, permane, purtroppo, il silenzio verso tutto il restante personale precario", dichiara Marcello Pacifico, presidente dell'Anief (l'Associazione nazionale insegnanti ed educatori in formazione).


La questione è di particolare attualità perché una sentenza della Corte di giustizia europea del 2007 ha riconosciuto, secondo il principio di non discriminazione, il diritto agli scatti di anzianità anche a favore dei precari. E da allora sono diverse le associazioni di insegnanti italiane e sindacati che hanno intrapreso la via giudiziaria per farsi riconoscere questo diritto. Ma, ancora, non si sono visti i risultati.

E mentre migliaia di precari di lungo corso sono in attesa di un riconoscimento economico. Folgorato sulla via di Damasco, il ministero dell'Economia, scrive: "A seguito degli approfondimenti effettuati in merito all'oggetto, si comunica che questa Direzione ha programmato, sulla mensilità di maggio 2010, le necessarie implementazioni alle procedure per il calcolo degli aumenti biennali spettanti agli insegnanti di religione anche sulla voce IIS (Indennità integrativa speciale, ndr) a decorrere dal 1 gennaio 2003".

Il diritto agli scatti biennali in favore degli insegnanti di religione è stabilito da una legge del 1980, che poteva anche avere un senso: siccome i docenti di religione erano precari a vita, non era prevista cioè la loro stabilizzazione, era necessario stabilire un meccanismo per aggiornare loro lo stipendio. Ma poi nel 2005 arrivò il concorso e l'immissione in ruolo. E mentre per i precari della scuola non è previsto nessun aumento di stipendio in relazione all'anzianità di servizio, quelli di religione conservano questo trattamento: incremento del 2,5 per cento ogni due anni.

Secondo alcuni calcoli effettuati dai sindacati il caveau potrebbe valere 220 euro in più in busta paga, arretrati esclusi. Niente male per quasi 12 mila insegnanti di religione a tempo determinato attualmente in forza alle scuole italiane. Per il rinnovo del contratto degli insegnanti, invece, i sindacati hanno chiesto un aumento di 200 euro mensili da erogarsi in tre anni, ma il ministro della Pubblica amministrazione è disposto a concederne appena 20. E non solo. Vorrebbe agganciare gli aumenti di stipendio dei docenti al merito.

Che dire? Evidentemente per questo governo non è solo la Legge a non dover essere uguale per tutti!

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venerdì 15 gennaio 2010

Parte il Concorso letterario Reportage Scuola 2010

Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo, il seguente comunicato stampa:

La casa editrice Ariaperta, con il suo portale dedicato alla scuola
www.scuolamagazine.it , indice un concorso letterario sul tema della
Scuola italiana , tema da intendere nella sua accezione più ampia. Il
titolo del concorso è Reportage Scuola 2010.

Il concorso è rivolto a docenti, studenti, personale della scuola,
genitori ma anche semplici appassionati di scrittura; a tutti quelli
che hanno voglia di raccontare fedelmente cosa accade nella propria
scuola in questo momento di grandi cambiamenti o di inventarsi un
racconto ambientato nella scuola di oggi.

Si tratta di raccontare cosa accade nella scuola, il funzionamento, i
rapporti all'interno, la quotidianità, il precariato, il futuro. E‘
possibile partecipare con racconti brevi da una a tre cartelle
massimo.
Si può partecipare inviando più elaborati, non sono posti limiti in
questo senso ai partecipanti.

Gli elaborati più interessanti saranno via via pubblicati su
www.scuolamagazine.it .

Gli autori dei reportage pubblicati su Scuola Magazine riceveranno in
premio un pacco contenente: - Cartoline della campagna Salvate il
Libro!
- Cartolina di "Docenti in mutande"
- Libro a sorpresa
- Una rivista vintage anni '60

Il premio e la a spedizione sarà a cura e a carico della casa editrice
Ariaperta.

A fine concorso (31 marzo 2010) verranno scelti gli elaborati migliori
e inseriti in un e-book dal titolo Reportage Scuola 2010, consultabile
liberamente in rete.

E' possibile visionare il bando di concorso su: www.scuolamagazine.it

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venerdì 8 gennaio 2010

SCUOLA PUBBLICA: COME SOPPRIMERLA ENTRO IL 2010

Un interessante intervento di Giuseppe Caliceti tratto da "il Manifesto" di stamane.

Per sopprimere la scuola pubblica, dopo aver ottenuto entro fine gennaio il lasciapassare dai palazzi della politica, nel 2010 si passi ad attuare una riforma delle superiori facendo slittare di sessanta giorni il termine per decidere il corso superiore a cui iscriversi. Si riducano i corsi, incluse le sperimentazioni nazionali e autonome. Si impoveriscano i contenuti. Si diminuiscano le ore di scuola degli studenti per risparmiare soldi.

Di fronte alle possibili resistenze, si inizi a parlare di ore opzionali-facoltative.
Si riducano gli indirizzi anche dei nuovi istituti tecnici e professionali alternativi ai licei.
Per sopprimere la scuola pubblica, si continui con l’abbattimento violento dei posti di lavoro: che sulla carta corrispondono, come nel 2009, ad oltre 40.000 docenti e 15.000 Ata (amministrativi, tecnici ed ausiliari)
in meno.

Non si tenga conto della rimostranze di sindacati, associazioni e movimenti in difesa dei precari, su cui si abbatterà la scure dei tagli. Migliaia di supplenti che da anni operavano stabilmente nella scuola si ritroveranno senza lavoro.
Si ricordi loro che il governo ha confermato anche per il 2010-2011 il ridicolo decreto «salva-precari» per gettare un po’ di fumo negli occhi all’opinione pubblica.
Per abbattere la scuola pubblica si sostenga che la spesa dell’Italia per l’istruzione è troppo alta e che rispetto ai paesi dell’area Ocse il nostro paese vanta uno dei rapporti alunni-docenti più distanti dalla media di riferimento. Non è vero, ma l’importante è ripeterlo. I dati sono «gonfiati» dall’alto numero di docenti di sostegno presenti nelle nostre scuole: l’Italia inserisce i disabili nelle classi, non crea classi differenziali;
in altre realtà i docenti di sostegno sono a carico del Ministero della Sanità, ma questo non si deve sapere.
Soprattutto, non risulti che chi vuole abbattere la scuola pubblica ce l’abbia in alcun modo con i diversamente abili.

Di fronte a estremisti che facessero notare come un alto numero di docenti sia legato anche al territorio disomogeneo della nostra penisola, con molte zone montane e isole dove esistono corsi anche con meno di dieci iscritti, si rida in faccia. Ancora: di fronte a chi vi farà notare come la politica dei tagli ad ogni costo giunga proprio con l’aumento di alunni e studenti iscritti nelle classi italiane - quest’anno, rispetto al 2008, ci sono stati 37.441 allievi in più, - dite che si tratta solo di propaganda comunista.

Per sopprimere la scuola pubblica, la prima tranche di tagli, quella relativa all’anno 2009, prodotta attraverso l’introduzione del maestro prevalente in primaria e l’attuazione della riforma alla secondaria di primo grado, bisogna continuare senza paura a tagliare. Nel 2010 la riduzione di ore alle superiori ci permetterà di sopprimere almeno 10-15 mila docenti di ruolo alle Superiori.

Ricordiamo che il 14 dicembre del 2009, il ministero Gelmini ha inviato agli istituti una nota, la n. 0009537, che anche per l’anno scolastico in corso continuerà a non garantire le risorse finalizzate al funzionamento
didattico e amministrativo. Nella nota si aggiunge di tagliare del 25% sulle pulizie delle aule scolastiche e che «la rimanente somma è destinata alle spese per supplenza, funzionamento ed esami di Stato». Così si scaricherà gran parte del lavoro sui bidelli sopravvissuti alla riduzione già varata dal ministro.

Per sopprimere definitivamente
la scuola pubblica italiana.




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martedì 5 gennaio 2010

Ancora una sentenza contraria alla politica dei tagli della Gelmini: Risarcire gli alunni disabili!

La sentenza del TAR fa piena luce sulle bugie della Gelmini la quale continua a dire che non ci sono stati tagli nel sostegno agli alunni disabili.
da un articolo dell'Unione Sarda.

Impedire a un alunno disabile di avere un’istruzione adattata alla sua condizione significa calpestare i diritti fondamentali della persona: lo ha deciso il Tar del Lazio dando ragione ai ricorsi di tre famiglie sarde. E per la prima volta, oltre al reintegro dell’insegnante di sostegno, il tribunale ha deciso un risarcimento per il danno subito dallo studente.

Nell’isola sono 57 i ricorsi presentati dai genitori per tutelare il diritto all’istruzione dei propri figli, penalizzati dai tagli dei finanziamenti alla scuola. «Il Tar del Lazio ha riconosciuto il diritto di tre bambini con disabilità (due di Cagliari e uno di Capoterra) a ottenere non solo l’aumento delle ore illegittimamente tagliate - ha spiegato Marco Espa, consigliere regionale del Pd, già presidente dell’associazione Abc Sardegna, di familiari di bambini cerebrolesi - ma anche il risarcimento del danno dovuto alla riduzione delle ore di sostegno, nonostante la certificazione dimostrasse la necessità di un rapporto uno ad uno insegnante-alunno».

L’importanza della sentenza sta nel fatto che il giudice amministrativo «non solo ha restituito in via d’urgenza l’insegnante di sostegno agli alunni ma, addirittura, ha condannato il ministero a risarcire i danni per il periodo di illegittima riduzione delle ore». Per la prima volta in Italia, continua Espa, è stato riconosciuto «il danno esistenziale anche ai genitori». Il ministero dell’Istruzione dovrà infatti pagare quattromila euro per ciascun bimbo a cui erano state sottratte le ore di sostegno spettanti, oltre alle spese processuali».


I tribunali «continuano a dar ragione alle famiglie sarde», sottolinea il consigliere regionale che auspica anche «l’intervento della Corte dei conti per colpire chi, ministro o funzionari ministeriali, ha sbagliato e chiedere la restituzione dei soldi che lo Stato deve giustamente versare come indennizzo alla famiglie a causa della sciagurata riforma di questo governo». Inoltre, fa presente Espa, «io continuo a chiedere che l’assessore regionale alla Pubblica istruzione Lucia Baire si schieri apertamente, senza “se” e senza “ma”, a sostegno degli alunni con disabilità che combattono (ed è assurdo e pazzesco che questi bimbi siano costretti a questo) per il loro diritto all’istruzione che è un diritto alla vita». Ora l’assessore Baire «deve annullare con un provvedimento unilaterale l’accordo Stato-Regione, da lei sottoscritto, per bloccare i disastrosi effetti della riforma del ministro Gelmini in Sardegna. Da parte nostra presenteremo, in collegato alla finanziaria in discussione, un emendamento per la costituzione di un fondo regionale per l’assistenza legale alle famiglie costrette a questi interventi per far valere i loro diritti».

di Roberto Paracchini

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