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venerdì 22 gennaio 2010

Ritorno alla scuola del più forte

di Alba Sasso (Sinistra Ecologia e Libertà)

Annidato in un emendamento a una legge sul lavoro un colpo
mortale al sistema scolastico italiano. In pratica la soppressione
dell’obbligo scolastico ma solo per alcuni : «i meno volenterosi».

A questi ragazzi si indica sbrigativamente un’altra strada:
quella dei percorsi di apprendistato. L’apprendistato è una non
scuola e un non lavoro. Una parte dei ragazzi continuerà a studiare,
un’altra sarà dirottata a un semilavoro precario e sottopagato. Altro
che valenza formativa del lavoro! E vogliamo ancora credere che le
imprese abbiano voglia di formare la propria forza lavoro, quando i
contratti di apprendistato sono serviti in questi anni a tutt’altro: a ridurre
le retribuzioni e ad aggirare le norme per l’applicazione dello
Statuto dei lavoratori, dal momento che gli apprendisti sono esclusi
dal numero dei dipendenti?

Qualche mese fa un rapporto di Bankitalia dimostrava come sia
produttivo l’investimento in istruzione. E in questo ultimo anno
molti paesi europei e gli Stati uniti hanno affrontato la crisi finanziaria
economica e sociale investendo massicciamente nel settore della
conoscenza.

In Italia invece un pauroso salto all’indietro. Drammatico in un
Paese dove, come documenta l’Istat, ancora nel 2008 il 47% della popolazione
italiana ha come titolo di studio più elevato solo la licenza
di scuola media inferiore. Non c’è solo l’assurdità di cancellare l’obbligo
di istruzione almeno fino a sedici anni, presente in tutti i paesi
civili. C’è una brutale volontà di ritorno al passato: di cancellare
quel nesso tra istruzione e sviluppo che fu alla base della riforma della
scuola media unica del ’62 e persino di negare l’idea positivista
d’inizio secolo, secondo la quale il progresso sociale doveva misurarsi
con la necessaria alfabetizzazione di vasti strati della popolazione.
Una scelta confusa e pasticciata (a quindici anni e quindi dopo
un anno di permanenza nella scuola secondaria).Ma qualcuno pensa
a queste ragazzi e ragazzi più fragili culturalmente, più deboli socialmente
sballottolati da un percorso all’altro ai quali si nega formazione
e futuro?

In realtà dietro tutto questo c’è un’idea precisa di società - la società
del più forte - e di governo – forte con i deboli e debole con i
forti. E c’è un attacco alla democrazia perché è scelta di democrazia,
quella di un paese che riesce a garantire livelli diffusi di istruzione al
più alto numero di cittadini, combattendo l’idea che la formazione
serva solo a selezionare imigliori, piuttosto che a intercettare e valorizzare
le capacità specifiche di ognuna e ognuno. La scuola non
può essere «un ospedale che cura i sani ed espelle i malati»,ma deve
essere un luogo, che continuando a garantire a tutti l’accesso all’istruzione
, è in grado di intercettare il merito dovunque si nasca e
da qualsiasi famiglia si provenga.

Questa norma -sottratta a ogni discussione- e che bisogna cancellare
subito è un attacco alla democrazia sostanziale, è una scorciatoia
per non affrontare con riforme vere il tema drammatico della dispersione
scolastica . Una ferita per tutto quanto costruisce civiltà,
democrazia e futuro per il Paese e per le nuove generazioni.

Il Manifesto 21.01.2010

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