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martedì 31 agosto 2010

Gian Antonio Stella: anche i grandi giornalisti a volte prendono cantonate!

D'estate, si sa, c'è caldo, a volte ci si lascia andare al gozzovoglio e la mente non è lucida come nel resto dell'anno.
Mi piace pensare che Gian Antonio Stella, giornalista di punta del Corriere della Sera, che io stimo moltissimo, si sia lasciato andare a tavola (del resto la sua fisionomia lascia pensare che sia una buona forchetta) prima di scrivere l'articolo intitolato "La fabbrica delle cattedre al Sud con i «furbetti del sostegnino»" (già il titolo non mi sembra azzeccatissimo).
Tutto parte da un "dossier" di Tuttoscola nel quale si sottolinea un "anomalo" aumento degli studenti portatori di Handicap.
Secondo tale dossier «Nell'anno scolastico 2009-10 gli alunni disabili inseriti nelle scuole statali di ogni ordine e grado hanno superato le 181 mila unità (il 2,3% della popolazione studentesca), con un incremento di oltre 5 mila rispetto all'anno precedente».

Peccato che basterebbe impegnarsi in una ricerca di quelle che anche il nipote undicenne di G.A. Stella (non so se ne abbia uno) potrebbe fare per scoprire che all'interno dell'Unione europea la percentuale delle persone disabili è valutata (fonte Edf, Forum europeo della disabilità) fra il 10 e il 15%, quindi, come anche il nipotino può capire, ben al di sopra di quel 2,3% della popolazione studentesca evidenziata nel "dossier".

Poi (colpa del bianco ghiacciato?) una digressione sulla legge 104 "a tutela dei dipendenti che abbiano invalidità superiori a un certo limite o debbano farsi carico di un parente disabile, dice che hanno la precedenza in graduatoria per avere un posto più vicino a casa", secondo Gian (mi permetterà di chiamarlo così) usata furbescamente da troppi: giustissimo, ma che c'entra con la fabbrica di cattedre?

Si infervora il nostro leggendo lo "scottante" dossier: «nel 1995-96, con una popolazione scolastica complessiva superiore a quella attuale, gli alunni con disabilità erano 108 mila. In quindici anni sono aumentati di quasi il 70%. I docenti di sostegno, che in quell'anno erano 35 mila, sono diventati ora più di 90 mila».
Della percentuale di alunni diversamente abili sulla popolazione scolastica abbiamo già parlato, perchè accade questo "scandaloso" aumento degli insegnanti di sostegno?
Se G.A. Stella avesse fatto meglio il suo lavoro (cosa che normalmente fa, ma si sa...l'estate...) avrebbe potuto sapere che fino a pochi anni fa (prima che venisse la Gelmini a tagliare come una pazza) i presidi erano costretti ad assegnare le cattedre di sostegno a docenti non specializzati il che farebbe supporre, anche a chi non è lucidissimo, una carenza di personale qualificato.

"Dice la legge che ogni 100 insegnanti di sostegno 70 devono essere stabili ma questa percentuale sale all'89% in Campania e in Sardegna e crolla al 56% in Lombardia e in Veneto, si impenna al 91% in Basilicata e precipita al 55% in Emilia Romagna. Perché differenze così abissali?"
Suvvia, uno sforzo prima della pennica, non sarà che che molti insegnanti del sud si trasferiscono al nord per non morire precari e poi vogliono tornare a casa?

"Spiega il dossier che il posto d'insegnante di sostegno è in realtà una scorciatoia, tanto più in questi tempi di magra e di riduzione del personale, per la conquista della cattedra a vita. Basti dire che «dei 10 mila posti di docente per le nuove immissioni in ruolo 2010-11, più della metà (5.022) sono per posti di sostegno». Posti che dopo 5 anni, una volta guadagnata l'assunzione, si possono abbandonare per «passare all'insegnamento tradizionale»".
E allora, caro Gian (oramai siamo in confidenza e poi ho preso un bianchetto ghiacciato anch'io) la soluzione a questo problema quale sarebbe? Togliere l'insegnante di sostegno ai ragazzi disabili (magari solo a quelli del sud) o mettere delle regole che impediscano a chi fa il furbo (comunque per lavorare) di realizzare i suoi propositi?
No, il nostro amico ci tranquillizza! "Sia chiaro: è bene che i ragazzi più sfortunati vengano aiutati."
No, non sono loro il vero obiettivo del Gian:
"Ma come si diventa insegnanti di sostegno? Penserete: chissà quanti studi! No: basta frequentare «un semestre aggiuntivo all'università, per 400 ore totali. E non sempre la preparazione è all'altezza: per gli alunni con disabilità visiva, ad esempio, non è raro imbattersi in docenti di sostegno che non conoscono l'uso del Braille, la scrittura per ciechi»"
Un'altra imbarazzante dimostrazione di ignoranza: Per diventare insegnante di sostegno bisogna essere laureato, abilitato all'insegnamento e fare un corso specifico di 800 ore, oppure essere laureato, abilitato tramite corso universitario (sissis) e specializzato con un corso di 400 ore. Un giornalista compie tutti questi studi prima di imbrattare pagine con le sue (mi permetta) minchiate?
I corsi di sostegno, è vero, non prevedono l'insegnamento del braille, ma non è questo il problema. Il problema vero caro Stella è la mancanza di continuità didattica dettata dalla precarizzazione dell'insegnamento.

Mi creda dottor Stella, io la stimavo e continuo a stimarla molto, ma stavolta ha proprio sbagliato obiettivo e misura.
Obiettivo perchè nel momento in cui si sta distruggendo la scuola pubblica italiana lei mira alle categorie che più ne subiscono le conseguenze: insegnanti precari e alunni diversamente abili, e misura perchè se è vero che molte cose non vanno nella scuola italiana non è "segando" che si risolvono. Qualche esempio? Mettiamo la regola per chi è stabilizzato di rimanere per almeno 5 anni nella provincia in cui è passato di ruolo.
Impediamo, a chi ottiene il ruolo nel sostegno, di passare all'insegnamento curricolare.
Le dico per esperienza diretta che gli insegnanti di sostegno, anche nelle scuole del sud, sono pochi rispetto alle esigenze degli alunni diversamente abili. Conosco ragazzi "affetti" da sidrome di Down con 6 ore di sostegno riconosciute.
La priorità deve essere aiutare questi ragazzi a integrarsi nella scuola italiana, non risparmiare qualche milione magari da spendere in hostess per Gheddafi! 

Emanuele Limpido

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